La xilografia, o silografia, è una tecnica d’incisione in rilievo in cui si asportano dalla parte superiore di una tavoletta di legno le parti non costituenti il disegno[1]. Le matrici vengono inchiostrate e utilizzate per la realizzazione di più esemplari dello stesso soggetto (su carta e a volte su seta), mediante la stampa con il torchio. Dato che la xilografia è un tipo di incisione in rilievo, non è difficile inserire la matrice di legno nelle forme tipografiche, stampando così testo e immagini contemporaneamente. Questa caratteristica della xilografia rende il processo di stampa molto economico, infatti fu usata soprattutto per i “testi popolari”.
Una storica stamperia specializzata in stampe popolari fu quella italiana dei Remondini di Bassano del Grappa (metà XVII secolo-metà XIX secolo).

Storia

Legni incisi per le stoffe esistevano già in Egitto, adottate dai Copti nel V e VI secolo d.C.

La tecnica è di origine cinese e le prime stampe su carta risalgono all’VIII secolo d.C. L’incisione ebbe poi grandissimo sviluppo con l’invenzione e la diffusione della carta. In Europa fin dal XIV secolo si producono le prime xilografie (o silografie). Fra le più antiche oggi esistenti, una delle più note, anche per motivi religiosi, è quella della Madonna del Fuoco di Forlì[2]. Il più antico testo che parla di legni incisi è il Trattato della pittura o libro dell’arte di Cennino Cennini del 1437.

Nel Cinquecento l’incisione diventa il mezzo per illustrare i primi libri a stampa. Grandi incisori per qualità di fermezza e decisione sono i pittori Holbein il Vecchio, Lucas Cranach e Dürer. Nel XVI secolo si diffuse la tecnica di incisione detta a chiaroscuro con due, tre e quattro legni. Francesco di Pellegrino utilizzò questa tecnica. Non si sa se l’invenzione sia da attribuirsi all’olandese Jost de Negker, che rivendicò l’invenzione nel 1512, o all’emiliano Ugo da Carpi, che nel 1516 chiese alla Repubblica di Venezia il riconoscimento di paternità.

Gli incisori utilizzano legni morbidi e facili da lavorare, tagliati nel senso della venatura. In questo modo si facilita il lavoro dell’incisore, ma le matrici si deteriorano velocemente. Già all’inizio del XVI secolo il legno è quasi abbandonato, sostituito dalle matrici in metallo.

La xilografia di testa

De humani corporis fabrica, xilografia 164. Edizione del 1543

Nell’Ottocento la xilografia conosce un nuovo periodo di grande utilizzo, soprattutto per illustrare libri e giornali. In questo periodo si impara ad utilizzare legni molto duri, soprattutto il bosso, e tagliati in senso perpendicolare alla venatura (xilografia di testa o nuova xilografia). Questa innovazione è dovuta a Thomas Bewick che, al contempo, introdusse l’uso del bulino al posto delle sgorbie, necessarie per la tecnica di filo. Con queste caratteristiche le matrici, difficili da lavorare, riescono tuttavia a realizzare tirature anche molto elevate, nell’ordine delle diverse migliaia di esemplari. L’utilizzo della xilografia si sviluppa in particolare dal 1840 circa fino ai primi del Novecento.

In epoche più recenti, come materiale base per l’incisione xilografica, in luogo del legno si è usato il linoleum e anche un materiale ancora più tenero, l’Adigraf.

Xilografia colorata di Buddha

Agli inizi del Novecento ad Adolfo De Carolis va il merito della brillante rinascita in Italia della xilografia, quando già altre forme di riproduzioni fotomeccaniche avevano invaso il campo dell’incisione. Già nel 1903 la rivista Il Leonardo, che si stampava a Firenze, pubblica le prime xilografie di A. De Carolis di impronta rinascimentale insieme a quelle di G. Costetti, A. Spadini, G. Viner e altri. La rivista L’Eroica di Ettore Cozzani a La Spezia divenne in quel tempo l’organo ufficiale degli xilografi italiani organizzando, nel 1912, la prima Mostra degli xilografi e incisori italiani con relativo catalogo.

fonte:  https://it.wikipedia.org/wiki/Xilografia

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